Per prevenire le frattura da fragilità sono oggi disponibili numerosi farmaci, risultato di ricerche ventennali, eppure un campione di ricerca condotto in Italia alcuni anni fa, rivelò come molte donne in menopausa fossero convinte che l’osteoporosi fosse una condizione incurabile.

L’ampia scelta farmacologica permette inoltre di personalizzare la terapia, in base alle preferenze e alle necessità del paziente, tenendo conto del suo profilo metabolico, della possibilità che possa sviluppare effetti indesiderati e della sua predisposizione a seguire con diligenza le prescrizioni mediche.

Infatti, oggi che abbiamo i farmaci per curare l’osteoporosi, il grande nemico è diventato l’aderenza alle cure. Purtroppo il nostro scheletro non è visibile e quindi gli effetti positivi dei farmaci non sono immediatamente percepibili, per questo motivo molte persone interrompono il trattamento molto presto, mentre è assodato che l’osteoporosi non può essere curata in modo discontinuo e una cura portata avanti per un breve periodo costituisce solo un costo per la collettività.

 

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Bisfosfonati

I bisfosfonati sono farmaci capaci di bloccare l’attività di riassorbimento osseo, aumentando la densità minerale ossea, e riducendo così il rischio di frattura.

I bisfosfonati attualmente registrati in Europa (e in Italia) per il trattamento dell’osteoporosi post-menopausale sono: etidronato, clodronato, alendronato, risedronato, ibandronato e zoledronato.

Alendronato, risedronato e zoledronato sono stati registrati anche per il trattamento dell’osteoporosi maschile.

Tali farmaci possono essere assunti attraverso diverse vie di somministrazione, infatti il clodronato è somministrato per via intramuscolare, l’alendronato e il risedronato per via orale, l’ibandronato per via orale o endovenosa, infine lo zoledronato solo per via endovenosa.

L’alendronato, risedronato, ibandronato e zoledronato hanno mostrato di poter ridurre in modo significativo il rischio di fratture.

In generale, i bisfosfonati sono controindicati in pazienti con ipocalcemia (bassi livelli di calcio nel sangue, condizione che deve essere corretta prima di iniziare la terapia), malattie gastrointestinali, insufficienza renale (clearance della creatinina <30 ml/min), e in caso di gravidanza e allattamento.

Denosumab

Il Denosumab (anticorpo monoclonale) è un farmaco che blocca il riassorbimento osseo, aumenta la densità minerale ossea, e riduce così il rischio di fratture. Tale farmaco è somministrato per via sottocutanea.

A differenza dei bisfosfonati, il suo effetto cessa immediatamente alla scomparsa dal circolo del farmaco, pertanto qualora il trattamento venga sospeso, si deve valutare l’opportunità di avviare un trattamento alternativo. Inoltre, gli incrementi densitometrici sono superiori a quelli osservati con i più potenti bisfosfonati, soprattutto a carico delle strutture ossee corticali (la parte esterna dell’osso).

Il Denosumab, oltre ad aver mostrato la sua efficacia in caso di osteoporosi post-menopausale, ha rivelato di essere efficace nel trattamento dell’osteoporosi maschile con elevato rischio di frattura, di donne con cancro della mammella in terapia con inibitori dell’aromatasi ed in uomini in blocco androgenico per carcinoma della prostata.

Come nel caso dei bisfosfonati, il Denosumab è controindicato in caso di bassi livelli di calcio nel sangue, condizione che deve essere corretta prima dell’inizio della terapia. Il suo uso non è raccomandato in caso di gravidanza e allattamento, o in una popolazione pediatrica (età inferiore a 18 anni). In caso di alterazioni renali non è richiesto nessun aggiustamento del dosaggio. 

Teriparatide

Il teriparatide (ormone paratiroideo 1-34) è un farmaco che stimola la formazione ossea, aumenta la densità minerale ossea e riduce il rischio di fratture.

Il trattamento con teriparatide determina anche un miglioramento di alcune caratteristiche geometriche dell’osso corticale (la parte esterna dell’osso) aumentando la sua resistenza alle fratture.

Tale farmaco viene somministrato per via sottocutanea una volta al giorno per massimo 24 mesi, ed è approvato per l’osteoporosi post-menopausale, osteoporosi da glucocorticoidi e osteoporosi maschile.

La terapia con teriparatide è controindicata in caso di gravidanza, allattamento, ipercalcemia, iperparatiroidismo, severa insufficienza renale, precedente terapia radiante dello scheletro da fonte esterna o da fonte interna (impianto), e in caso di tumori maligni allo scheletro o con metastasi ossee. Inoltre, tale farmaco dovrebbe essere usato con cautela in caso di insufficienza renale moderata.

Ranelato di stronzio

Il ranelato di stronzio è un farmaco che da una parte promuove la formazione ossea e dall’altra riduce il riassorbimento osseo, aumenta la densità minerale ossea riducendo il rischio di frattura.

Attualmente tale trattamento è ristretto all’osteoporosi severa nelle donne in post-menopausa e agli uomini con un elevato rischio fratturativo, per i quali il trattamento con gli altri farmaci antifratturativi non è possibile.

Questo trattamento non dovrebbe essere usato in pazienti con storia passata o recente di infarto miocardico, arteriopatia periferica e/o malattia cerebrovascolare, o in caso di ipertensione arteriosa non controllata.

Inoltre il suo uso è controindicato in pazienti con tromboembolismo venoso in atto o passato, e in caso di immobilizzazione temporanea o permanente.

Modulatori Selettivi del Recettore Estrogenico

I Modulatori Selettivi del Recettore Estrogenico (SERM) sono farmaci in grado produrre a livello osseo ed epatico effetti simili a quelli degli estrogeni, ed effetti contrari a livello di mammella ed apparato genito-urinario.

I SERM attualmente approvati in Italia per la prevenzione ed il trattamento dell’osteoporosi sono il raloxifene ed il bazedoxifene. Tali farmaci sono controindicati nelle donne in età fertile, che abbiano sofferto di trombembolismo o di sanguinamento uterino da indagare, oppure in caso di insufficienza renale o epatica, e sintomatologia climaterica.

Raloxifene

Il raloxifene previene la perdita ossea dei primi anni dopo la menopausa e determina un incremento della densità ossea in donne con osteoporosi.

Tale farmaco non migliora i fenomeni vasomotori postmenopausali (come le vampate di calore, la sudorazione, le crisi di tachicardia, le variazioni di pressione e così via) e, al contrario, può addirittura accentuarli.

Bazedoxifene

Il bazedoxifene si è dimostrato in grado di prevenire la perdita di massa ossea in donne normali o osteopeniche e, in donne con osteoporosi, il rischio di fratture vertebrali è risultato ridotto in maniera statisticamente significativa.

Inoltre, il bazedoxifene ha mostrato un maggior effetto antiestrogenico a livello uterino in assenza di significativi effetti collaterali.

Attualmente in Italia, la NOTA 79 prevede la rimborsabilità dei farmaci anti-fratturativi da parte del Sistema Sanitario Nazionale in caso di prevenzione secondaria (soggetti che hanno già subito) fratture osteoporotiche vertebrali o di femore (vedi tabella NOTA 79 per le specifiche), oppure in caso di fratture osteoporotiche non vertebrali e non femorali, con T-score ≤ -3 (misurato con metodica “Mineralometria ossea computerizzata” DEXA). 

La rimborsabilità è prevista anche in caso di prevenzione primaria in donne in menopausa o in uomini di età di 50 anni o più a rischio elevato di frattura a causa di almeno una delle seguenti condizioni: 

  • trattamento in atto o previsto per più di 3 mesi con prednisone equivalente ≥ 5 mg/die; 
  • trattamento in corso di blocco ormonale adiuvante in donne con carcinoma mammario o uomini con carcinoma prostatico; 
  • T-score colonna o femore ≤ -4; 
  • T-score colonna o femore ≤ -3 + almeno una delle seguenti condizioni: 
    • 1) Familiarità per fratture di vertebre o femore 
    • 2) Comorbilità a rischio di frattura (artrite reumatoide o altre connettiviti, diabete, broncopneumopatia cronica ostruttiva, malattia infiammatoria cronica intestinale, AIDS, Parkinson, sclerosi multipla, grave disabilità motoria).

I trattamenti antifratturativi sono stati suddivisi in farmaci di I°, II° e III° scelta.

 

Effetti collaterali dei bisfosfonati

- Gastrointestinale: i bisfosfonati assunti per bocca possono causare erosioni esofagee, soprattutto se non assunti in modo corretto.

- Renale: i bisfosfonati, sia per bocca che per via endovenosa, non comportano rischi rilevanti per la funzione renale, tuttavia devono essere evitati in caso di severa compromissione del filtrato glomerulare. In particolare, con l’uso endovenoso deve essere seguita una adeguata idratazione e devono essere rispettate le dosi e i tempi di infusione raccomandati.

- Reazione di fase acuta: l’uso di bisfosfonati per via endovenosa (ma anche di bisfosfonati orali a dosi elevate) può determinare un quadro clinico “simil-influenzale” per 1-3 giorni, caratterizzato da febbre e dolori muscolo-scheletrici diffusi, più frequentemente dopo la prima somministrazione del farmaco.

- Osteonecrosi dei mascellari/mandibola: la terapia con bisfosfonati può, seppur molto raramente (1:10.000 pazienti trattati), essere associata allo sviluppo di osteonecrosi delle ossa del cavo orale in concomitanza ad interventi sul cavo orale con esposizione del tessuto osseo. I fattori di rischio individuali che aumentano il rischio di osteonecrosi sono: procedura odontoiatrica invasiva, diabete mellito, terapia con glucocorticoidi, malattia parodontale, uso di protesi dentaria, fumo, e agenti antiangiogenici. Per prevenire tale complicanza è consigliabile mantenere la normale routine di igiene orale ed eliminare l’abitudine al fumo. In caso di necessità di interventi odontoiatrici invasivi si potrà eventualmente ritardare l’inizio della terapia antifratturativa, se ancora non in corso, alla risoluzione del problema odontoiatrico. Qualora, invece, il trattamento fosse in corso, molte linee guida suggeriscono la sospensione dei bisfosfonati per un periodo di tre mesi e la ripresa del farmaco alla guarigione della ferita chirurgica. Tuttavia, non vi è nessuna evidenza che ciò riduca realmente il rischio di tale complicanza data la persistenza dell’effetto farmacologico dei bisfosfonati. Sospensioni prolungate o cambi terapeutici devono essere opportunamente concordati con il medico, valutando il rischio fratturativo e il rischio di osteonecrosi. Inoltre è consigliata un’adeguata profilassi antibiotica fino alla guarigione della mucosa gengivale.

- Fratture atipiche del femore (subtrocanteriche o diafisarie): in pazienti in trattamento con bisfosfonati per lunghi periodi è stata segnalata la comparsa di fratture atipiche (trasversali) subtrocanteriche femorali. L’incidenza di queste fratture è molto bassa (da 3,2 a 50 casi per 100.000 persone/anno). A causa dei possibili effetti collaterali a lungo termine (come ad esempio: osteonecrosi dei mascellari/mandibola o fratture atipiche), la durata della terapia va rivalutata periodicamente.

Effetti collaterali Denosumab

- Il trattamento può prevedibilmente provocare bassi livelli di calcemia nel sangue, pertanto è necessario correggere prima eventuali condizioni a rischio.

- Osteonecrosi dei mascellari/mandibola: sono stati registrati rari casi di tale complicanza.

- Fratture femorali atipiche: l’uso del denosumab è stato associato, seppur raramente, a casi di fratture femorali atipiche.

- Infezioni: durante il trattamento con Denosumab è stata registrata una maggior incidenza di infezioni, soprattutto a carico della cute.

Effetti collaterali teriparatide

- La terapia si può associare a disturbi quali nausea, crampi agli arti inferiori e maggiore incidenza di aumentati livelli di calcemia, peraltro solitamente asintomatica. Gli effetti collaterali includono anche: mal di testa, vertigini ed ipotensione posturale.

Effetti collaterali ranelato di stronzio

- Intestinali: la terapia con ranelato di stronzio può provocare una modesta alterazione dell’alvo.

- Cardiovascolari: l’uso di tale farmaco si associa ad un lieve aumento del rischio trombo-embolico. Il trattamento con ranelato di stronzio è stato associato anche ad un aumento del rischio di infarto del miocardio.

- Allergie: sono stati segnalati rarissimi casi di gravi reazioni allergiche cutanee, talora associate a sintomi sistemici potenzialmente fatali: in tali casi il farmaco va immediatamente sospeso e mai più ripreso.

Effetti Collaterali Raloxifene

Gli effetti collaterali più comuni sono rappresentati da aumento dei fenomeni vasomotori e crampi agli arti inferiori. Inoltre il raloxifene si associa ad aumentato rischio di eventi tromboembolici, per cui non è consigliabile in pazienti che hanno già avuto trombosi venosa o ne sono a rischio.